sábado, 20 de octubre de 2007

CARGIL EXPORTA DESDE SANTA FE CASI 4500 DÓLARES POR MINUTO

“Se inauguró en San Lorenzo, al norte de Rosario, una de las mayores plantas de biodiesel del mundo. Está diseñada para producir 230.000 toneladas por año y cuenta con la última tecnología internacional en la materia”, publicó Clarín el jueves pasado 18 de octubre. Pero al respecto el periodista local Carlos Del Frade informó hoy en AM530-La Voz de las Madres, que “desde la planta de biodiesel que se inauguró allí el gobernador Jorge Obeid funciona como relacionista público de las empresas y desde este complejo Cargill exporta a razón de 4.430 dólares cada sesenta segundos y Vicentin a razón de 2110 dólares a razón de sesenta segundos”.
Asimismo, señaló que “a la provincia de santa fe le dejan cero pesos en impuestos” y agregó que “la región de San Lorenzo, Puerto San Martín y Capitán Bermúdez formaban lo que se conocía como el Gran Rosario que era el segundo cordón industrial más importante de América Latina después del de san pablo, donde el trabajo era obrero e industrial, hoy esto está convertido en un ex cordón industrial y se ha convertido simplemente en un corredor de exportador de sojas y derivados”.
En ese sentido, Del Frade sostuvo que las consecuencias de estas transformaciones económicas derivaron en la triplicación de la desocupación de la zona desde principios de la década del noventa hasta la fecha, porque los empleos que se generan son “mínimos” respecto del dinero que se obtiene.
Por otra parte el Taller de Ecologistas de Rosario presentó este miércoles un documento en el que expuso, a través de distintos textos, las causas y los impactos del fenómeno de los combustibles de origen vegetal a nivel local, regional y mundial. La publicación, que llevó el título “Agrocombustibles, Argentina frente a una nueva encrucijada”, fue realizada por la entidad ecologista en el marco del Programa Argentina Sustentable.
Al respecto, el ingeniero Pablo Bertinat, presidente del Taller Ecologista local, coordinador del área de Energía del PAS y titular de la cátedra de Fuentes no Convencionales de Energía de la Universidad explicó que “cuando se habla de los biocombustibles en Argentina, se están discutiendo en realidad dos cuestiones centrales, que deberían ser el núcleo de cualquier análisis serio sobre el tema: la utilización de las tierras y el consumo energético”.
Finalmente el reportero indicó que “este polo obrero genera la tercera parte de mano de obra que generaba a principios de los años noventa y es una décima parte de la cantidad de obreros industriales que tenía la zona hasta antes de 1989. Por eso también es una fantasía hablar de recuperación del trabajo estable, industrial, principalmente en una zona que sabe lo que significaba el obrero trabajando y después volcar su salario en el mercado interno”.

SABATO A GENOVA UNA DELEGAZIONE DELLE MADRES DI PLAZA DE MAYO

SABATO A GENOVA UNA DELEGAZIONE DELLE MADRES DI PLAZA DE MAYO
venerdì, 19 ottobre 2007 15:45

Sabato 20 ottobre, alle 15, presso la Sala Arazzi diPalazzo Doria Spinola ( adiacente al salone del consiglio provinciale ), l'assessore provinciale alle pari opportunità accoglie unadelegazione delle Madri Argentine di Plaza de Mayo. L'incontro è aperto alle associazioni di donne e migranti del territorio. Si tratta di un' occasione importante per conoscere le Madres che da 30 anni non hanno
mai smesso di fare della maternità un potere irrevocabile, capace di generare sogni, progetti, relazioni in una straordinaria indicazione dipratica politica e sociale.

La giornata delle Madres a Genova prosegue con un incontro alle 17 in Piazza Alimonda e alle 21 con una serata organizzata dalla Comunità di San Benedetto presso il Teatrino in via Mura degli Zingari.
La presenza delle Madri a Genova si inserisce in unprogramma di incontri in Italia; il 17 ottobre hanno ricevuto la laurea honoris causa dalla Facoltà di Scienze della Formazione di Bologna e dal 22 al 25 ottobre parteciperanno all'incontro internazionale"Mujeres en Lucha" in programma a Roma presso il Senato. Questa iniziativa, promossa dalle stesse Madres, è diretta alle associazioni di donne che oggi, nei cinque continenti lottano contro le ingiustizie, le violenze, i fondamentalismi, i regimi e le guerre.

viernes, 19 de octubre de 2007

Il governo riforma l'editoria - Burocrazia sul web? Allarme in rete

Un disegno di legge licenziato dal Cdm lascia intravedere l'obbligo di iscrizione
al registro per chi ha attività editoriali, forse anche per chi ha un blog o un sito

Aumenterebbero quindi anche per i "piccoli" su internet spese e sanzioni penali
Il sottosegretario Levi: "Non è questo lo spirito, deciderà l'Autorità"
di ALDO FONTANAROSA

ROMA - Consiglio dei ministri del 12 ottobre: il governo approva e manda all'esame del Parlamento il testo che vuole cambiare le regole del gioco del mondo editoriale, per i giornali e anche per Internet. E' un disegno di legge complesso, 20 pagine, 35 articoli, che adesso comincia a seminare il panico in Rete. Chi ha un piccolo sito, perfino chi ha un blog personale vede all'orizzonte obblighi di registrazione, burocrazia, spese impreviste. Soprattutto teme sanzioni penali più forti in caso di diffamazione.

Articolo 6 del disegno di legge. C'è scritto che deve iscriversi al ROC, in uno speciale registro custodito dall'Autorità per le Comunicazioni, chiunque faccia "attività editoriale". L'Autorità non pretende soldi per l'iscrizione, ma l'operazione è faticosa e qualcuno tra i certificati necessari richiede il pagamento del bollo. Attività editoriale - continua il disegno di legge - significa inventare e distribuire un "prodotto editoriale" anche senza guadagnarci. E prodotto editoriale è tutto: è l'informazione, ma è anche qualcosa che "forma" o "intrattiene" il destinatario (articolo 2). I mezzi di diffusione di questo prodotto sono sullo stesso piano, Web incluso.

Scritte così, le nuove regole sembrano investire l'intero pianeta Internet, anche i siti più piccoli e soprattutto i blog. E' così, dunque? Ricardo Franco Levi, sottosegretario alla Presidenza del Consiglio e padre della riforma, sdrammatizza: "Lo spirito del nostro progetto non è certo questo. Non abbiamo interesse a toccare i siti amatoriali o i blog personali, non sarebbe praticabile".

Un esempio concreto, però: il blog di Beppe Grillo verrà toccato dalle nuove norme? Anche Grillo dovrà finire nel registro ROC? "Non spetta al governo stabilirlo - continua Levi - Sarà l'Autorità per le Comunicazioni a indicare, con un suo regolamento, quali soggetti e quali imprese siano tenute davvero alla registrazione. E il regolamento arriverà solo dopo che la legge sarà stata discussa e approvata dalle Camere".

Insomma: se una stretta ci sarà, questa si materializzerà solo tra molti mesi, dopo il passaggio parlamentare e dopo il varo del regolamento dell'Autorità. Ma nell'attesa vale la pena di preoccuparsi. Perché l'iscrizione al ROC - almeno nella formulazione attuale - non implica solo carte da bollo e burocrazia. Rischia soprattutto di aumentare le responsabilità penali per chi ha un sito.

Spiega Sabrina Peron, avvocato e autrice del libro "La diffamazione tramite mass-media" (Cedam Editore): "La vecchia legge sulle provvidenze all'editoria, quella del 2001, non estendeva ai siti Internet l'articolo 13 della Legge sulla Stampa. Detto in parole elementari, la diffamazione realizzata attraverso il sito era considerata semplice. Dunque le norme penali la punivano in modo più lieve. Questo nuovo disegno di legge, invece, classifica la diffamazione in Internet come aggravata. Diventa a pieno una forma di diffamazione, diciamo così, a mezzo stampa".

Anche Internet, quindi, entrerebbe a pieno titolo nell'orbita delle norme penali sulla stampa. Ne può conseguire che ogni sito, se tenuto all'iscrizione al ROC, debba anche dotarsi di una società editrice e di un giornalista nel ruolo di direttore responsabile. Ed entrambi, editore e direttore del sito, risponderebbero del reato di omesso controllo su contenuti diffamatori. Questo, ai sensi degli articoli 57 e 57 bis del codice penale.

Il Governo vara la Internet Tax

Il Governo vara la Internet Tax
di Paolo De Andreis

Roma - Questa minaccia era proprio sfuggita agli occhi di Punto Informatico e, purtroppo, anche a quelli di molti altri. Ma non è sfuggita a Valentino Spataro, avvocato di Civile.it, che in un editoriale appena pubblicato avverte tutti del siluro sparato dal Governo contro la rete in pieno agosto e approvato formalmente dal Consiglio dei ministri lo scorso 12 ottobre.

La novità è presto detta: qualsiasi attività web dovrà registrarsi al ROC, ossia al Registro degli operatori di Comunicazione, se il disegno di legge si tradurrà in una norma a tutti gli effetti. Registrazione che porta con sé spese, burocrazia, procedure.

Il testo parte bene, spiega che "La disciplina prevista dalla presente legge in tema di editoria quotidiana, periodica e libraria ha per scopo la tutela e la promozione del principio del pluralismo dell'informazione affermato dall'articolo 21 della Costituzione e inteso come libertà di informare e diritto ad essere informati".
Bene, anche perché esplicita che si parla di editoria e non, ad esempio, di pubblicazioni spurie prive di intenti editoriali, come può esserlo un sito personale. Il problema, come osserva Spataro, è che poi il testo si contraddice quando va a definire cosa è un prodotto editoriale.

Una definizione che chi legge Punto Informatico da almeno qualche anno sa essere già oggi molto spinosa e che, con questo disegno governativo, assume nuovi inquietanti connotati:
"Per prodotto editoriale si intende qualsiasi prodotto contraddistinto da finalità di informazione, di formazione, di divulgazione, di intrattenimento, che sia destinato alla pubblicazione, quali che siano la forma nella quale esso è realizzato e il mezzo con il quale esso viene diffuso" (art 2, comma 1).
Chi avesse ancora dei dubbi su cosa sia prodotto editoriale può leggere il comma seguente del medesimo articolo, che stabilisce cosa non è prodotto editoriale:
"Non costituiscono prodotti editoriali quelli destinati alla sola informazione aziendale, sia ad uso interno sia presso il pubblico".
Chi ritenesse che questa definizione non si applichi, per esempio, al proprio blog personale dove pubblica di quando in quando un post, dovrà ricredersi passando al comma successivo dell'articolo 2, il terzo comma, che recita:
La disciplina della presente legge non si applica ai prodotti discografici e audiovisivi.
Il Governo, nel redigere questo disegno di legge, non si è dimenticato, peraltro, dei prodotti editoriali integrativi o collaterali che sono quei prodotti, compresi quelli discografici o audiovisivi, che siano "diffusi unitamente al prodotto editoriale principale".

Rimarrebbe una scappatoia, quella delle pubblicazioni, on e off line, che sono sì di informazione o divulgazione, o formazione o intrattenimento, ma non sono a scopo di lucro. Rimarrebbe se solo il Governo non ci avesse pensato. Ed invece dedica alla cosa l'intero articolo 5:
"Per attività editoriale si intende ogni attività diretta alla realizzazione e distribuzione di prodotti editoriali, nonché alla relativa raccolta pubblicitaria. L'esercizio dell'attività editoriale può essere svolto anche in forma non imprenditoriale per finalità non lucrative".
Un paragrafo che dunque non lascia scampo ai "prodotti" non professionali, lasciando forse, ma è una questione accademica, un micro-spiraglio a chi non ottiene o non cerca pubblicità di sorta sulle proprie pubblicazioni.

Qualcuno potrebbe pensare che il solleone ad agosto abbia giocato brutti scherzi. In realtà all'articolo 7 viene raccontato il motivo del provvedimento. Con espresso riferimento a quanto pubblicato online, si spiega che l'iscrizione al ROC serve "anche ai fini delle norme sulla responsabilità connessa ai reati a mezzo stampa".

Senza contare la montagna di introiti extra che il Registro otterrebbe con questa manovra, ne consegue che la giustificazione che viene addotta a questo abominio nuovo provvedimento sia la necessità di tutelare dalla diffamazione. Come se fino ad oggi chiunque avesse avuto mano libera nel diffamare chiunque altro. Il che non è, tanto che più volte siti non professionali e altre pubblicazioni online, anche del tutto personali come dei blog, e anche senza alcuna finalità di lucro, si sono ritrovati coinvolti in un processo per diffamazione.

"Potessero, - conclude Spataro - chiederebbero la carta d'identità a chiunque parla in pubblico. Su internet il controllo è più facile. E imporre procedure burocratiche per l'apertura di un blog sarà il modo migliore per far finire l'internet Italiana".
Un breve commento (P. De Andreis) (pagina 2 di 2)
Vista l'enormità di quanto sta producendo questo Governo, visto anche l'impegno profuso da Punto Informatico e da decine di migliaia di utenti negli anni scorsi per cercare di tenere lontani dalla rete i tentacoli del controllo editoriale tradizionale, mi sembra doveroso lasciar qui alcune righe.

Ci troviamo dinanzi ad un provvedimento che non andrà lontano. I suoi scopi sono altri, i primi articoli del testo sono scritti malissimo: verranno riscritti, è facile prevederlo, forse persino prima che il New York Times titoli qualcosa tipo "Italia nel Medioevo" come fece quando fu approvata la legge sulle staminali.

La dimensione macroscopica dell'errore del Governo è tale, e capace di nuocere alla rimanente parte del disegno di legge, che con un colpo di bianchetto verrà consegnato all'oblìo nel più rigoroso silenzio mediatico. Presto non ne sentiremo più parlare. È già successo, si può aver fiducia che accada di nuovo.

Il punto è, evidentemente, un altro.

Sopravvivere al numero di oggi di Punto Informatico non è facile, richiede quella stessa capacità di controllo di quando si versano le imposte nelle mani della casta perché ci faccia ciò che crede: c'è Marco Calamari che fa il punto su come le diverse leggi sulla pedopornografia negli ultimi 8-10 anni abbiano provocato una compressione delle libertà individuali, c'è Valentino Spataro che spiega a tutti come sia capitato che il Governo abbia imposto una tassa (e una serie di procedure) in capo a qualunque pubblicazione online di qualsiasi genere anche senza finalità di lucro, e c'è Francesco Rutelli che fa sapere, vivaddio, di non poterne più, lui, di Italia.it.

Come dicevo, sopravvivere è difficile. In un solo giorno vengono condensati i risultati di fallimenti plateali e costosi, sia in termini economici che di libertà individuali, nati dalla ostinata ignoranza di chi alberga nella stanza dei bottoni, ignoranza almeno riguardo alle cose della rete, volendoci limitare a quelle.

Quando andavo a scuola e sbagliavo una frase importante in una versione di greco, il mio insegnante non mancava mai di metterci sotto due righe a penna con due o persino tre "x rosse", e di conseguenza abbassava in modo sostanziale il voto finale che assegnava alla mia traduzione. Non contento, le correzioni si eseguivano sempre tutti insieme pubblicamente, ognuno cosciente e informato degli errori degli altri.

Nel caso del Governo, una penna rossa riscriverà quegli articoli ma nessun brutto voto verrà emesso. Chi è riuscito a scrivere quegli obbrobri non dovrà ammettere il proprio errore, né sarà chiamato a risponderne. Il Consiglio dei ministri che ha letto e approvato quel testo non verrà certo messo in croce per l'irresponsabilità dimostrata e l'allarme inutilmente causato. Nessuno dirà nulla a quegli esponenti governativi che parlano di riforma eccellente.

Così vanno le cose in Italia. L'unica speranza è che noi si possa continuare a raccontarle. Passi l'essere italiani, ma non ci ridurremo certo ad agire come omertosi pattalorrinchiti.

Paolo De Andreis

martes, 9 de octubre de 2007

El Che un revolucionario, socialista, internacionalista consecuente y antiestalinista

A 40 años del asesinato del Che

El Che un revolucionario, socialista, internacionalista consecuente y antiestalinista

Por: Carlos Miranda Prensa Alternativa Socialista

"¿Por qué será que el Che tiene esta peligrosa costumbre de seguir naciendo? Cuanto más lo insultan, lo manipulan, lo traicionan, más nace. Él es el más nacedor de todos. ¿No será porque el Che decía lo que pensaba? ¿Y hacía lo que decía? ¿No será por eso que sigue siendo extraordinario, en un mundo donde las palabras y los hechos muy rara vez se encuentran, y cuando se encuentran no se saludan, porque no se reconocen?"
Eduardo Galeano

"Revolución socialista o caricatura de revolución"
Sociólogos, periodistas, historiadores, biógrafos, ex militantes, debatirán en los próximos días la vigencia del Che a cuarenta años de su asesinato. Buscarán la explicación de la permanencia de su figura. Intentarán demostrar su condición de mito por sus cualidades personales. Describirán las virtudes que llevan a que millones en el mundo lo identifiquen y sientan simpatía por él. El guerrillero valiente, honrado, sacrificado por los demás, el hombre coherente. Recibirá elogios sinceros de los que siguen acompañando su sueño y hasta sus más declarados enemigos esconderán su odio y con elogios cínicos intentarán seguir bastardeando el verdadero legado del Che. Ese hombre cuya figura recorre literalmente el mundo desde hace más de cuarenta años fue, y en un sentido sigue siendo, una bandera de lucha. Y un llamado para las nuevas generaciones que se suman diariamente a la pelea contra el capitalismo imperialista. Un llamado que se puede sintetizar en esa bella frase, que se ha convertido en consigna y que, mal que les pese a los renegados y los reformistas, es más actual que nunca: “revolución socialista o caricatura de revolución”.

Nacido en la ciudad de Rosario en mayo o junio de 1928, según el biógrafo que lo estudie, vivió su niñez y adolescencia en la provincia de Córdoba, entre las ciudades de Alta Gracia y la capital de la provincia. Estudió medicina y se convirtió en médico en la Universidad de Buenos Aires. Un viaje por Latinoamérica, realizado cuando terminó sus estudios, le cambio la vida. Desde el momento en que se embarcó con Fidel Castro en el Granma dejó de ser Ernesto Guevara Lynch o Ernestito, para convertirse, para siempre, en el Che. Con el triunfo de la Revolución Cubana su figura fue creciendo a nivel mundial. Ministro de Industria, presidente del Banco de Cuba, representante de la revolución en foros internacionales como la Asamblea de la ONU, o las reuniones de la OEA, marcó a fuego en esos lugares el proceso de ruptura con el imperialismo y el capitalismo que se estaba desarrollando en la isla. Enemigo de los incentivos capitalistas para desarrollar la economía e impulsor del trabajo voluntario como militancia revolucionaria, también fue combatiente internacionalista en África y América latina. Y, quizás su aspecto menos conocido o mejor dicho, más ocultado por la gran prensa, fue un crítico acérrimo del estalinismo. Una síntesis ideológica de Guevara podría ser la de un revolucionario, socialista, internacionalista consecuente y antiestalinista.

Debates en tiempos de revolución

Los 60’ y los 70’ fueron años de convulsión mundial. La revolución cubana ocupó un lugar central en la historia política de esas décadas. El Mayo Francés, la guerra de Vietnam, el Cordobazo, la Primavera de Praga, fueron otros de los muchos hechos que produjo una generación que intento cambiar el mundo.

El resultado de esos hechos no fue lineal. Algunos lograron avances y otros fueron derrotados. Pero no se trató de una ecuación de suma cero. La derrota militar en 1974 del imperialismo yanqui en Vietnam abrió enormes posibilidades para el movimiento revolucionario mundial. Por primera vez un pueblo en armas lograba derrotar a las Fuerzas Armadas más temibles y poderosas que haya conocido la historia de la humanidad. El empantanamiento actual que sufre Estados Unidos en Irak es la muestra palpable de que las dificultades del imperialismo más fuerte de todos los tiempos para recuperarse, aun hoy, de esa derrota.

Sin embargo aquellas son dos décadas de profundos combates, de rebeliones obreras y populares, de guerra de guerrillas y de acumulación de experiencia del movimiento de masas latinoamericano y mundial. En ese entonces un debate fundamental cruzaba al movimiento revolucionario, un debate estratégico que se sintetizaba en dos posiciones en la vanguardia mundial. Una, absolutamente mayoritaria, cuyo máximo exponente quizás fue el propio Guevara, que alentaba para desarrollar la revolución la iniciativa del foco, “la propaganda armada”, la “propaganda del fusil” como él mismo señala en el histórico discurso de la Tricontinental, en abril del ‘67. Y la de otras corrientes, entre ellas un sector del trotskismo latinoamericano, tradición de la cual nos reivindicamos, que cuestionaba la estrategia del foco poniendo todo su acento en la movilización de la clase obrera y las masas urbanas con sus organizaciones democráticas y su partido revolucionario. Sin embargo estas corrientes tenían un punto en común, también estratégico para esa etapa, que era la definición y denuncia del rol de coexistencia con el imperialismo que cumplía el estalinismo a nivel internacional. En el mismo discurso de la Tricontinental, hablando de la resistencia de Vietnam a la agresión yanqui, Guevara señalaba: “Cuando analizamos la soledad vietnamita nos asalta la angustia de este momento ilógico de la humanidad. El imperialismo norteamericano es culpable de agresión; sus crímenes son inmensos y repartidos por todo el orbe. ¡Ya lo sabemos, señores! Pero también son culpables los que en el momento de definición vacilaron en hacer de Vietnam parte inviolable del territorio socialista, corriendo, sí, los riesgos de una guerra de alcance mundial, pero también obligando a una decisión a los imperialistas norteamericanos. Y son culpables los que mantienen una guerra de denuestos y zancadillas comenzada hace ya buen tiempo por los representantes de las dos más grandes potencias del campo socialista”.

El debate no fue resuelto por la historia. Es cierto que las experiencias guerrilleras, posteriores a la Revolución Cubana fracasaron. Guevara, por ejemplo, pagó con su vida en Bolivia. Y en el caso en que llegaron al poder, como en Nicaragua en el ’79, fueron apenas, parafra-seando al Che una “caricatura de revolución”. Pero es un hecho que tampoco se lograron construir partidos de masas para llevar al poder a la clase obrera y los sectores populares con sus organizaciones democráticas. En todo caso la traición del estalinismo internacional y los partidos comunistas de cada país en alianza con las variantes socialdemócratas o nacionalistas burguesas y el imperialismo, lograron desviar los procesos revolucionarios que continuaron desarrollándose. Dicho esto no se puede obviar que también tienen responsabilidad en esto las debilidades y los errores propios de los revolucionarios.

El derrumbe de la ex URSS, la restauración capitalista en la casi totalidad, excepción hecha de Cuba, de los países del llamado “socialismo real”, la contraofensiva, económica, política, militar e ideológica del imperialismo durante los ’90, modificaron sustancialmente el panorama mundial. Pero la historia no llegó a su fin y el nuevo siglo encontró activo al movimiento de masas y una nueva ola de rebeliones recorre buena parte del mundo, en especial América Latina, la revolución bolivariana es un ejemplo de esto. Las palabras imperialismo, socialismo, revolución permanente, empiezan a recuperar su contenido nuevamente. Hoy sin el contrapeso cargado de represión, traición y totalitarismo asfixiante del modelo de los ex “Estados Socialistas”.

El legado del Che

A diferencia de los que renegaron de la lucha, por el fracaso de sus ilusiones. De aquellos que culpan de falta de madurez a las condiciones objetivas, o en todo caso de poca conciencia al movimiento de masas, sin detenerse en autocríticas, nosotros, trotskistas, reivindicamos lo que hoy es más vigente del pensamiento y la acción del Che. En este sentido coincidimos con la trotskista cubana Celia Hart, ella que se reivindica trosko-guevarista, señala la lucha contra el imperialismo y por el socialismo en el mundo, es decir el internacionalismo, contra la idea estalinista de socialismo en un solo país y la idea de revolución permanente. El mismo Guevara puede decirlo desde Argel en ese hermoso discurso de la Tricontinental, 6 meses antes de su asesinato a manos del Ejercito boliviano y los asesores yanquis de la CIA. Dice el Che: “En definitiva, hay que tener en cuenta que el imperialismo es un sistema mundial, última etapa del capitalismo, y que hay que batirlo en una gran confrontación mundial. La finalidad estratégica de esa lucha debe ser la destrucción del imperialismo. La participación que nos toca a nosotros, los explotados y atrasados del mundo, es la de eliminar las bases de sustentación del imperialismo: nuestros pueblos oprimidos, de donde extraen capitales, materias primas, técnicos y obreros baratos y a donde exportan nuevos capitales -instrumentos de dominación-, armas y toda clase de artículos, sumiéndonos en una dependencia absoluta. El elemento fundamental de esa finalidad estratégica será, entonces, la liberación real de los pueblos; liberación que se producirá, a través de lucha armada, en la mayoría de los casos, y que tendrá, en América, casi indefectiblemente, la propiedad de convertirse en una revolución socialista.” Aquellos que se preguntan por qué la imagen del Che puede encontrarse en una movilización multitudinaria en Buenos Aires o en Caracas, en Río o San Pablo. En medio de una manifestación armada en Beirut, o en las calles de Teherán. En los enfrentamientos con la policía que custodia a los dueños del planeta en las reuniones del G7 en Roma, Berlín, París o Londres. En el Bronx y en las manifestaciones antiguerra en Estados Unidos. Ésos, pueden escuchar la respuesta del periodista, John Lee Anderson que realizó un gran biografía de Guevara, “el Che recorre el mundo, porque los problemas contra los que luchó siguen sin resolverse” (Revista Ñ, 29/09/07) Pero cuando lo vean paseando por el Zócalo en la Ciudad de México, quizás sea porque está por ir a visitar a Trotsky en la casa de Coyoacán, para discutir nuevas estrategias para asaltar el cielo.


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Un recuerdo iluminado del Che en La Higuera

VIGILIA EN EL PUEBLITO BOLIVIANO DONDE ASESINARON A GUEVARA HACE CUARENTA AÑOS

Un recuerdo iluminado del Che en La Higuera

La Higuera todavía hoy, cuarenta años después del día en que los rangers acribillaron a Ernesto Guevara, sigue sin luz eléctrica. La oscuridad mitigada por los flashes y fogatas fue el marco para que todos recordaran los últimos pasos del Che.

La Higuera, el poblado que recibió al Che vivo el 8 de octubre y donde cayó al día siguiente.

Por Martín Piqué,
desde La Higuera

Las linternas se distinguen desde lejos, los focos se menean como bichitos de luz que se consumen en el aire. La noche está llena de estrellas pero no hay luna, las sierras agregan otras sombras de una altura intimidante. El poblado que recibió al Che vivo el 8 de octubre de 1967 y lo devolvió muerto un día después está en completa oscuridad. La Higuera no tiene energía eléctrica. Los visitantes que van llegando se guían por el ruido que hacen las piedras al caminar. La única iluminación proviene de las pocas linternas que se trajeron desde Vallegrande; más adelante se escuchará el ronroneo de un grupo electrógeno que alimenta los tres faroles del escenario. En medio de la negrura más espesa, los recién llegados se la rebuscan para llegar hasta la famosa escuelita en la que mataron a Ernesto Guevara. No se ve demasiado, es casi imposible distinguir los detalles de la construcción. Los flashes de los fotógrafos, la luz de algunas cámaras de video y cuatro velas encendidas alumbran de manera muy tenue. Sólo así se alcanza a distinguir lo que una mano anónima escribió en el marco de la puerta: “Por aquí salió un hombre camino a la eternidad”.

Para llegar al acto en La Higuera hubo que superar 62 kilómetros de camino de cornisa, de noche y atravesando varias capas de neblina. La bruma se iba diluyendo a medida que los vehículos subían los cerros, hasta llegar a la altura del Abra del Picocho, 2280 metros, el pico más alto de las sierras que se extienden desde Vallegrande. En ese lugar el Che participó de una fiesta patronal doce días antes de ser cercado. Después de tres horas y media de viaje, el poblado aparece tras la última curva esquinada. Cuando alguna linterna lo permite, o una vela prendida a través de una ventana, se llega a distinguir las primeras formas. Son unas pocas casas blancas, de tejas de estilo colonial, dispersas a ambos costados de la ruta. Algunas parecen ser de adobe, todas muestran el efecto del paso del tiempo.

Como si un guión que busca generar suspenso hubiera estado escrito en algún lado, la escuelita está al final del pueblo, detrás de un espacio abierto que los organizadores destinaron al palco. En ese lugar también colocaron un montón de leña que será prendido fuego entrada la madrugada, cuando terminen los discursos y comience la vigilia. La Higuera está llena de imágenes del Che; detrás del escenario se ve una gran bandera con su rostro. El acto comienza con música y durante las próximas horas las melodías se sucederán entre los discursos. Por el micrófono pasa el embajador de Cuba, Rafael Dausá Céspedes; el ex compañero del Che en la guerrilla boliviana Leonardo Tamayo, conocido como Urbano; delegados de los alfabetizadores y médicos de la isla. El frío de la noche a dos mil metros hace que muchos prefieran moverse que permanecer quietos. Se despliegan frazadas, bolsas de dormir; otros optan por las bebidas fuertes.

La madrugada va haciendo caer a los más cansados. El locutor anuncia que prenderán fuego a la montaña de ramas; los despiertos y los somnolientos se acercan para calentarse y ver todo de cerca. Los cubanos prenden la fogata y el embajador recuerda lo que dice la inscripción de la puerta de la escuelita: “Por aquí salió un hombre camino a la eternidad”. El diplomático dice que éste no debe ser un día triste y que el Che sigue vivo en las luchas de los pueblos latinoamericanos. Suena el grito de “hasta la victoria, siempre”, le sigue el infaltable de “Patria o Muerte, venceremos”. Muchos jóvenes toman muy en serio lo de evitar la tristeza: un baile frenético se desata cerca del fuego. Otros se van encorvando por el cansancio y terminan acostados en el piso, sobre bolsas de dormir, envueltos en todo lo que haya a mano. Algunos visitantes tienen suerte. Alguien les presta un lugar para dormir algunas horas, para despertarse antes del amanecer. El cronista y el fotógrafo de Página/12 reciben una inesperada oferta para tirarse un rato en “la casa del telegrafista”, una posada que ahora es propiedad de un francés. Dos hamacas paraguayas terminan ocupadas por los enviados de este diario.

A las cinco y media de la mañana el frío atroz y el cantar de los gallos –Vallegrande es conocida por su producción de pollos– obligan a ponerse de pie. Desde el patio de “la casa del telegrafista” se ven por primera vez las sierras con toda su magnitud. El verde del monte todavía tiene tonos azulados. Los periodistas de este diario aún no lo saben, pero en ese preciso lugar se vivió uno de los últimos episodios del Che libre en La Higuera. El 26 de septiembre de 1967, tras entrar al poblado y notar que no se veían varones, Guevara mandó a uno de sus hombres a la oficina del telegrafista para controlar los últimos despachos a Vallegrande. El encargo lo recibió Coco Peredo. Volvió con un telegrama que advertía “presencia guerrillera en la zona”. Coco Peredo murió ese mismo día, producto de una emboscada que dejó otras dos bajas.

Cada rincón tiene su historia, sus anécdotas. Los pobladores de La Higuera se han convertido en especialistas de la evocación del pasado de cada parte de la villa. Por todos lados hay escenarios naturales de la caída o el paso de algún miembro de la guerrilla del Che. Sin embargo, muchos visitantes no se mueven con la solemnidad casi religiosa que suele surgir espontáneamente ante los lugares asociados a hechos trágicos. Sentados frente a la escuelita hay jóvenes acostados, sacándose fotos, charlando en voz muy alta. Es una forma distinta de apropiación del espacio. El movimiento delante de la escuela cambia a partir de las siete de la mañana, cuando un vecino con sombrero de cowboy típico del oriente boliviano abre la puerta para que puedan entrar los forasteros.

Con aval de la subprefectura de Vallegrande, el boliviano del sombrero cobra cinco bolivianos la entrada. Es el precio que hay que pagar para ver el lugar en el que los rangers mataron al Che. Lo primero que impresiona son los dos mínimos pupitres de madera: vuelven más grande una salita que en rigor es muy pequeña. En el techo hay un mural hecho por dos artistas argentinos, Mono Saavedra y Mariela Aguirrezábal, sobre las paredes dedicatorias al Che de Japón, Francia, en todos los idiomas. Entre las palabras de respeto y amor se ve un folleto turístico en inglés que publicita cabalgatas en la localidad de Samaipata (Horse Riding propone un gringo de nombre Michael Blendinger).

De todo lo que se ve en la escuelita es difícil no fijar la vista en los dos carteles que comparan la “relación de bajas de la guerrilla” con la “relación de bajas del Ejército”. El primero contiene 38 muertos, el segundo declara unos 51. Las dos listas de nombres están una al lado de otra, como si se buscara dar una versión equilibrada de la historia. Que ése fue el objetivo de la Prefectura de Vallegrande al organizar el museo queda claro al revisar las demás paredes. Allí se intercalan fragmentos del diario del Che en Bolivia con relatos de Gary Prado, el militar boliviano que dirigió las operaciones contra la guerrilla y recibió la orden de matar al Che.

viernes, 5 de octubre de 2007

“Wi-Fi for everyone, I’m in”

London, U.K. / Madrid, Spain - October 4, 2007
BT AND FON LAUNCH THE WORLD’S LARGEST Wi-Fi COMMUNITY

BT and FON today promised to transform the UK’s market for wireless broadband by launching BT
FON, the world’s largest Wi-Fi community.
BT’s more than 3 million consumer Total Broadband customers will be invited to join the global
community of people sharing their broadband.
At launch, new members will be part of an existing community of 500,000 members and will have
access to more than 190,000 FON hotspots worldwide. Anyone joining in will be able to use
those FON hotspots across the world and all the new BT FON hotspots free of charge.
The revolutionary idea for a massive Wi-Fi community, built by individual people and not a large
corporate enterprise, marks BT’s boldest step yet in building extensive broadband coverage outside
of the home or office.
Every person who agrees to share a small portion of their home broadband connection, by opening
up a separate, secure channel on their wireless router, will be able to share the connection of any
other member. BT Total Broadband customers will also be able to use BT’s premium existing
hotspot network BT Openzone, including 12 Wireless Cities.
BT FON aims to build a huge community Wi-Fi network, covering hundreds of thousands of
hotspots, in a short space of time, under the slogan “Wi-Fi for everyone, I’m in”. The secure open
Wi-Fi solution was developed by FON and BT’s research labs. BT has invested in FON as part of the
tie-in, joining the company’s other investors, which include Google. BT will also have a seat on the
board of FON.
The BT FON deal will accelerate and complement the work BT has already done with BT Openzone
in order to provide the largest possible Wi-Fi coverage across the UK and the rest of the world.
Gavin Patterson, BT Group managing director, Consumer, said: “This is the start of something very
exciting for BT. Today we are launching a people’s network of Wi-Fi, which could one day cover
every street in Britain.
“We are giving our millions of Total Broadband customers a choice and an opportunity. If they are
prepared to securely share a little of their broadband, they can share the broadband at hundreds of
thousands of FON and BT Openzone hotspots today, without paying a penny.
“We have built a public Wi-Fi network and 12 Wireless Cities already, but today we are saying to
customers, let’s build a Wi-Fi community together, which covers everywhere and serves everyone.”
Martin Varsavsky, FON’s Founder and CEO, said of the strategic partnership: “BT is a fantastic
addition to our roster of investors and highlights the on-going success of FON, the enormous
support from ISPs and Telcos around the world and the strength of our vision to establish shared
Wi-Fi access worldwide. From the beginning FON users believed in the concept of sharing and in
the peoples' ability to participate in building something important that would benefit everyone.
With BT FON, those beliefs have proved to be well-founded.”
About BT
BT is one of the world’s leading providers of communications solutions and services operating in 170 countries.
Its principal activities include networked IT services; local, national and international telecommunications
services; higher-value broadband and internet products and services and converged fixed/mobile products
and services. BT consists principally of four lines of business: BT Global Services, Openreach, BT Retail and BT
Wholesale.
In the year ended 31 March 2007, BT Group plc’s revenue was £20,223 million with profit before taxation of
£2,484 million.
British Telecommunications plc (BT) is a wholly-owned subsidiary of BT Group and encompasses virtually all
businesses and assets of the BT Group. BT Group plc is listed on stock exchanges in London and New York.
For more information, visit www.bt.com/aboutbt
About FON
FON is the world’s largest WiFi community. FON’s mission is to stimulate the growth of WiFi around the
world by creating a global community of “Foneros”. FON’s La Fonera routers have been designed to enable
Foneros to share their home Internet access in a completely secure manner. Founded in February 2006 in
Madrid, Spain, FON investors include Google, Skype, Index Ventures, Sequoia Capital and BT. Currently we
have over 500,000 members in Europe, Asia and America and our Community is growing fast.

For more information, visit FON at www.fon.com

BANCO DEL SUD: APPUNTAMENTO A RIO DE JANEIRO LUNEDI' 8 OTTOBRE

(05 ottobre 2007)

Lunedì 8 ottobre i ministri dell’Economia di Argentina, Bolivia, Brasile, Ecuador e Venezuela, stati interessati nella realizzazione del Banco del Sud, si incontreranno a Rio de Janeiro per quella che dovrebbe essere l’ultima riunione prima dell’effettivo inizio delle attività.
Hugo Chávez, presidente del Venezuela, ha confermato che la capitale del suo paese sarà la sede centrale di questa nuova entità regionale. Inoltre il presidente venezuelano ha affermato che senza dubbio i cambiamenti nelle sfere di forza e influenza tra i paesi dell’America Latina e del Caribe si stanno facendo sempre più evidenti ma che certamente questa iniziativa, come tutte le altre che l’hanno preceduta (come Telesur, Petrosur, l’Università del Sud e il Gasdotto) sarà indubbiamente oggetto di sabotaggi e interferenze da parte del governo di Washington.
Il ministro venezuelano dell’Economia, Rodrigo Cabezas, ha affermato che le attività del Banco del Sud saranno funzionali alla riduzione delle asimmetrie tra i paesi del Sud, e certamente non riproporrà i vecchi schemi di ricatto economico adottati dal Fondo Monetario Internazionale (FMI) e dalla Banca Mondiale (BM).
L’iniziativa del Banco del Sud vuole essere una alternativa reale alle turbolenze e alle crisi dei mercati internazionali. Venezuela, Ecuador, Argentina e Bolivia prenderanno parte a questo ente al quale si potrà inserire in Brasile, nel segno di un istituto finanziario incaricato di attivare progetti con reale orientamento sociale.


fonte redazione Latinoamerica

miércoles, 3 de octubre de 2007

Cubanos operan a militar que mató al Che

Cuba se prepara para conmemorar el 40º aniversario de la muerte de Ernesto Guevara.

Médicos cubanos que trabajan en Bolivia operaron Mario Terán -el sargento que ejecutó al guerrillero argentino-cubano Ernesto "Che" Guevara- para corregirle un problema ocular, según la prensa oficial cubana.

El diario Granma, órgano oficial del Partido Comunista de Cuba, dio a conocer la información luego de que -según el periódico- el hijo de Terán se presentara en la redacción de un diario boliviano para agradecer a los especialistas de la isla.

Según la nota de Granma, "ahora un anciano puede apreciar de nuevo los colores del cielo y el bosque, disfrutar de las sonrisas de sus nietos y ver partidos de fútbol".
Terán padecía de cataratas y se benefició de la "Operación Milagro" mediante la cual médicos cubanos ofrecen atención gratuita en América Latina.

40º aniversario

Granma recuerda que el ex militar mató al Che en 1967 en La Higuera, luego de que Guevara fuera apresado el día anterior por el ejército boliviano.
Los restos del guerrillero fueron encontrados en 1997 y se trasladaron a Cuba donde volvieron a ser enterrados en un Mausoleo de la ciudad de Santa Clara, aunque algunos se cuestionaron la autenticidad del hallazgo.
En julio pasado, el propio Granma informó que existe "evidencia concluyente" de que esos restos son los del Che.

Lea: "Los restos son los del Che"

Aunque la intervención quirúrgica de Terán tuvo lugar hace unos meses, la noticia trasciende en coincidencia con los preparativos en Cuba para conmemorar el 40º aniversario de la muerte del Che, el próximo 9 de octubre.
La conmemoración incluye una "gran movilización nacional" de trabajo voluntario convocada por la Central de Trabajadores de Cuba del 7 de octubre al 22 de noviembre próximos.